Approfondimento della dott.ssa Ketta Lorusso.
E’ tutta italiana la recente svolta nella diagnosi precoce del tumore all’ovaio: analizzando con nuove tecniche di sequenziamento del Dna il materiale prelevato attraverso un comune Pap test, è possibile identificare fino a 6 anni prima mutazioni genetiche predittive del carcinoma ovarico. La scoperta, pubblicata su ‘Jama Network Open’, è firmata da scienziati dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs di Milano, in collaborazione con l’ospedale San Gerardo di Monza e l’università di Milano-Bicocca. Le conclusioni della ricerca, però, vanno considerate con prudenza perché lo studio è stato condotto solo su 17 casi. Ma secondo gli autori sono estremamente convincenti e incoraggianti, e aprono alla concreta speranza di un intervento tempestivo e potenzialmente salvavita.
Ma su cosa si è concentrato lo studio? Lo abbiamo chiesto a una studiosa d’eccezione, la dott.ssa Ketta Lorusso, dirigente medico in ginecologia oncologica al Policlinico Gemelli IRCCS di Roma.
I ricercatori sono partiti dall’ipotesi che dalla tuba di Falloppio, dove nascono la maggior parte dei carcinomi sierosi di alto grado dell’ovaio – tipologia che rappresenta l’80% dei tumori ovarici maligni – si potevano staccare fin dalle fasi precoci alcune cellule maligne. Cellule ‘spia’ che, raggiunto il collo dell’utero, potevano essere prelevate con un esame di screening come il Pap test. Il materiale poteva poi essere sottoposto ad analisi ulteriori, essendo noto che già dalle prime fasi della genesi tumorale le cellule acquisiscono nel loro Dna delle peculiari mutazioni a carico della proteina Tp53. Il gene corrispondente è considerato un ‘guardiano’ del genoma, perché una volta alterato guida le fasi successive della trasformazione di una cellula sana in una malata.
Il dato più interessante è che lo studio dimostra la presenza di Dna tumorale, che deriva dal carcinoma ovarico, in Pap test prelevati in pazienti affette da tumore ovarico anni prima della diagnosidi carcinoma dell’ovaio. Questo indica che già 6 anni prima le analisi molecolari messe a punto oggi avrebbero potuto consentire teoricamente di diagnosticare il tumore.
In alcuni casi in cui erano disponibili diversi Pap test eseguiti 6 e 4 anni prima alla stessa paziente è stata identificata la stessa mutazione clonale della proteina p53 che si ritrova nel tumore, e questo rafforza l’idea che si tratti di alterazioni molecolari specifiche che sono alla base dello sviluppo della malattia.
Quali sono le prospettive future e le implicazoni concrete di questi risultati?
A breve partirà uno studio denominato “Towards” a cui io stessa partecipo come co-P.I. (co-responsabile scientifico) che vedrà alleati tutti i grandi centri di ricerca italiani che si occupano di tumore ovarico, coordinati dal Mario Negri. In questo step successivo – che durerà circa un anno – verranno considerate circa 300 pazienti con tumore ovarico: di queste pazienti si analizzeranno i pap test risalenti agli anni precedenti la diagnosi per verificare se la mutazione della proteina p53 presente nel tumore era già presente anche in pap test fatti in precedenza; raccoglieremo i pap test dei 10 anni antecedenti la diagnosi per vedere fino a quanto è possibile anticipare la diagnostica. Se questo è vero si aprono scenari di grande impatti per la diagnosi precoce.
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Dott.ssa Ketta Lorusso
Professore associato in ostetricia e ginecologia presso l’Università Cattolica di Roma
Dirigente medico in ginecologia oncologica al Policlinico Gemelli IRCCS di Roma
https://youtu.be/OnzC-TS_LS8