Nei giorni scorsi al Congresso dell’ASCO (American Society of Clinical Oncology) sono stati presentati i dati aggiornati di sopravvivenza dello studio SOLO-2, che confermano che l’olaparib (un farmaco “intelligente” che appartiene alla categoria dei PARP-inibitori) può davvero fare la differenza per la vita delle pazienti affette da tumore dell’ovaio. Nello studio SOLO-2, 300 donne con tumore ovarico con mutazione del gene BRCA alla recidiva della malattia sono state trattate con chemioterapia e successivamente con terapia di mantenimento; in particolare metà di loro con olaparib e l’altra metà (gruppo di controllo) con placebo. Lo studio ha mostrato che il trattamento con olaparib prolunga la sopravvivenza di 12,9 mesi rispetto al placebo, ovvero di oltre un anno, arrivando a 51,7 mesi per il gruppo olaparib, contro 38,8 mesi del gruppo placebo. Già in precedenza, erano stati presentati i risultati di questo studio relativi alla sopravvivenza libera da progressione che era risultata pari a 19.1 mesi nelle donne trattate con olaparib vs. 5.5 mesi delle pazienti trattate con placebo. “Questi risultati sono di grande rilevanza clinica e rappresentano un notevole passo avanti nel campo della medicina di precisione, offrendo un beneficio sostanziale alle pazienti con tumore ovarico recidivato e BRCA mutato, che rappresenta una patologia tra le più complesse da trattare – sottolinea la Prof. Rossana Berardi, Direttore della Clinica Oncologica e della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica degli Ospedali Riuniti di Ancona – Coordinatore Scientifico Loto Marche – Quello dei tumori all’ovaio è il classico caso in cui, ora più che mai, è fondamentale che siano presenti tutti i migliori “ingredienti” della ricetta della cura, ovvero un approccio multidisciplinare, che preveda professionisti dedicati alla patologia e centri, soprattutto chirurgici, ad alto volume; la conoscenza completa della genetica oncologica della malattia, incluso lo stato mutazionale di BRCA; la migliore strategia terapeutica, che tenga conto di tutte le opzioni terapeutiche disponibili, dove parte fondamentale è rappresentata dalla medicina di precisione ovvero dai farmaci biologici, in primis dai PARP inibitori. Noi medici – in particolare per questa patologia – dobbiamo essere consapevoli che la prima cosa che faremo e dove la faremo condizionerà la vita della nostra paziente”.