Illustrazione tumori

Tumore dell’ovaio

Tumore dell’endometrio

Tumore della cervice

Tumore della vagina

Tumore della vulva

Tumore dell'ovaio

Il carcinoma ovarico è un tumore ginecologico silente, non esiste screening di prevenzione

Che cos'è

Il tumore ovarico o carcinoma ovarico origina dagli annessi (tube e ovaie), organi di piccole dimensioni, situati a destra e a sinistra all’utero. Le ovaie fanno parte dell’apparato genitale femminile e hanno funzione riproduttiva ed endocrina (producono gli ormoni sessuali femminili, estrogeni e progesterone). Le tube sono dei tubi lunghi 3-4 cm e larghi meno di uno e sono importanti nella riproduzione. La sintomatologia aspecifica e tardiva e l’assenza di strategie di screening validate per una diagnosi precoce sono tra i fattori che determinano l’elevata mortalità associata a questo tumore. Il 75-80% delle pazienti presenta, infatti, al momento della diagnosi una malattia in fase avanzata (stadio III-IV); ben più raro (10%) è il riscontro di una neoplasia limitata alle ovaie (stadio I) o alla pelvi (stadio II) il più delle volte scoperta occasionalmente durante controlli ginecologici routinari. 

Tumore Ovarico Sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi 43%

Sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi: 43%

3% di tutti i tumori incidenti nelle donne

1 donna ogni 82 è destinata a svilupparlo

Quanto è diffuso

Il carcinoma ovarico è ancora oggi uno dei “big killers” tra le neoplasie ginecologiche (30%) ed occupa il decimo posto tra tutti i tumori femminili (3%). Si stima che in Italia, nel 2022, siano stati diagnosticati 6000 nuovi casi di tumore all’ovaio. In Italia vivono circa 49.800 donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore dell’ovaio. La sopravvivenza a 5 anni delle donne con tumore dell’ovaio, in Italia, è pari al 43%. Circa il 1-2% di tutte le donne è destinata a sviluppare un carcinoma dell’ovaio nel corso della propria vita (1 donna ogni 82). Tale rischio aumenta fino al 39-44% nelle donne che hanno ereditato una mutazione in BRCA1 e del 11-17% circa in quelle che hanno ereditato una mutazione di BRCA2. 

Fattori di rischio

Le condizioni di rischio maggiormente correlate allo sviluppo del cancro ovarico sono: 

  • Fattori endocrini legati alla stimolazione ovarica come il non aver avuto figli (nulliparità), l’infertilità e la prima gravidanza ad un’età superiore di 35 anni; 
  • Storia familiare positiva per carcinoma ovarico o pregresso tumore colico, endometriale o mammario; 
  • Endometriosi (soprattutto in caso di storia clinica di lunga durata (> 10 anni) e diagnosi prima dei 30 anni di età; la trasformazione maligna dell’endometriosi è un evento non comune, che si verifica nello 0.7-2.5% dei casi, ma quando avviene, interessa di solito l’ovaio) 
  • Malattie infettive (PID da Chlamydia trachomatis, HIV) 
  • Esposizione al talco e all’asbesto 
  • Fattori genetici legati alla presenza di un’alterazione di uno tra i due geni BRCA 1 e BRCA2 che predispongono ad un rischio incrementato di sviluppo di tumori ovarici, mammari ed altre neoplasie; altre forme di carcinoma ovarico eredo-familiare sono legate alla sindrome di Lynch e a mutazioni di geni implicati negli stessi meccanismi molecolari dei geni BRCA (p.es. RAD51) 

Prevenzione primaria e secondaria

Ogni tumore, compreso quello ovarico, risente di corretti stili di vita. È necessario quindi non fumare, seguire la dieta mediterranea, praticare attività fisica costante e limitare il consumo di alcol e tenere sotto controllo il peso. 

Non esistono, al momento, strategie di screening validate per la diagnosi precoce del tumore ovarico. 

Sintomi e diagnosi

I sintomi del carcinoma ovarico sono spesso non specifici, come il gonfiore addominale, dolore pelvico, bisogno frequente di urinare. Circa il 75-80% delle pazienti presenta, per questo, al momento della diagnosi una malattia in fase avanzata.  

Il percorso diagnostico prevede una visita ginecologica e la palpazione dell’addome, l’ecografia transaddominale o, ancor meglio, transvaginale, il dosaggio del CA-125, un marcatore serico i cui valori possono essere elevati sia in casi di tumori ginecologici ma anche in caso di patologie non neoplastiche come epatopatie croniche e pancreatite. Oltre all’ecografia, vengono utilizzate la TC dell’addome e la risonanza magnetica con lo scopo di verificare la diffusione del tumore e la presenza di eventuali metastasi nel cavo addominale. La diagnosi definitiva è comunque conseguente all’intervento chirurgico (con metodica laparoscopica o spesso laparotomica data l’assoluta necessità di asportare interamente la presunta massa tumorale evitandone quanto più possibile a rottura) che consente al contempo anche di completare la stadiazione della neoplasia valutando a occhio nudo le superfici peritoneali ed effettuando inoltre il lavaggio e l’aspirazione dei fluidi raccolti nelle aree declivi, a maggior rischio di disseminazione neoplastica. 

Sottotipi

Dal punto di vista istologico, I tumori dell’ovaio sono di tre tipi: 

  • I tumori germinali, che originano dalle cellule germinali dell’ovaio (dalle quali originano agli ovuli), costituiscono il 15-20% delle neoplasie ovariche e sono maligni solo nel 5% dei casi. Vengono diagnosticati nel 40-60% dei casi in età inferiore a 20 anni. 
  • I tumori epiteliali, che hanno origine dalle cellule epiteliali che rivestono l’organo. Sono i più frequenti (60% dei casi) e colpiscono donne sia in età riproduttiva che post-menopausale. Tra i tumori epiteliali dell’ovaio le forme sierose di alto grado ne rappresentano circa il 70% e sono associate nel 50% dei casi a deficit genetici che alterano i meccanismi di riparazione dei danni al DNA. Queste mutazioni predispongono allo sviluppo di alcune neoplasie (tumori mammari, ovarici, pancreatici e prostatici negli uomini), tuttavia, rendono i tumori dell’ovaio più responsivi ad alcuni chemioterapici e ad una classe di farmaci a bersaglio molecolare (PARP inibitori). Queste condizioni hanno reso fondamentale e inderogabile l’effettuazione del test genetico per la mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 a tutte le pazienti con tumore epiteliale non mucinoso e non borderline dell’ovaio già al momento della diagnosi. 
  • I tumori stromali rappresentano il 4% delle neoplasie ovariche maligne e hanno origine dal tessuto strutturale gonadico dell’organo (il più frequente è il tumore a cellule della granulosa). 

Considerando i tumori epiteliali, i più frequenti nella popolazione generale, essi sono classificati secondo il tipo cellulare (sieroso, endometrioide, a cellule chiare, mucinoso) e sottoclassificati (alto, medio e basso grado di malignità, borderline) in base alle caratteristiche nucleari, agli aspetti architetturali ed alla presenza o assenza di invasione stromale. 

Evoluzione e Trattamento

Dopo la diagnosi iniziale, si procede con l’assegnazione di uno stadio al tumore: questo processo, definito stadiazione, è fondamentale per poi determinare le strategie terapeutiche migliori. Per la stadiazione del tumore ovarico si possono identificare quattro stadi (da I a IV) utilizzando il sistema FIGO (International Federation of Gynecology and Obstetrics). 

Trattamenti

Negli stadi iniziali (Stadio I-II) la rimozione chirurgica del tumore è il metodo usato più spesso per trattare il tumore dell’ovaio. Nelle pazienti con tumore in stadio iniziale (Stadio I e II) la chirurgia è curativa nel 70% dei casi. Il rischio di recidiva del tumore è del 25-30% per questo motivo, si associa un trattamento chemioterapico preventivo, a finalità adiuvante (dopo l’intervento chirurgico), che prevede solitamente l’utilizzo di regimi a base di platino (carboplatino), solitamente in combinazione con taxolo nei tumori sierosi, in monoterapia negli altri tipi istologici.

Nel carcinoma ovarico in fase avanzata la chirurgia, quando radicale, rappresenta il trattamento di elezione. Per le donne non candidabili in prima istanza alla chirurgia radicale, una valida alternativa terapeutica è data dall’inizio di un trattamento chemioterapico neo-adiuvante (prima dell’intervento chirurgico) sempre con il regime di combinazione carboplatino/taxolo, seguito da chirurgia “d’intervallo” e dal completamento della chemioterapia per i complessivi sei cicli standard di trattamento.

Nonostante il miglior trattamento chirurgico e la chemioterapia, attualmente, circa il 70% delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato va incontro a recidiva entro i primi due anni.

L’elevata eterogeneità biologica di questo tumore ha tuttavia ritardato di molti anni, rispetto alle altre neoplasie, l’introduzione di farmaci a bersaglio molecolare. Fino a meno di dieci anni fa la chemioterapia ha rappresentato l’unica opzione terapeutica per le pazienti affette da tumore ovarico.

Oggi, negli stadi avanzati, sono disponibili farmaci a bersaglio molecolare utilizzati in associazione alla chemioterapia e/o come mantenimento sia nella prima linea di trattamento, che nella recidiva. Tra questi, il bevacizumab (anticorpo monoclonale che interferisce con la neo-angiogenesi tumorale) e i PARP inibitori (olaparib, niraparib, rucaparib). Di recente, anche la combinazione di bevacizumab ed olaparib ha dimostrato di essere efficace nel prolungare la sopravvivenza libera da progressione di malattia, ottenendo l’approvazione come trattamento di mantenimento nelle pazienti responsive ad una chemioterapia di prima linea in particolari sottogruppi di donne con tumori caratterizzati da un deficit dei meccanismi di riparo del DNA o con mutazione dei geni BRCA1 o BRCA2. La terapia di mantenimento con gli inibitori di PARP, infatti, sembra essere particolarmente efficace nelle pazienti con questo profilo molecolare al punto da ritardare la recidiva di oltre 3 anni e di prolungare la sopravvivenza globale (nelle linee successive). Alla luce di questi importanti risultati, si sottolinea l’importanza dell’esecuzione del test BRCA al momento della diagnosi.

Sono in corso numerosi trials clinici con combinazioni di farmaci a bersaglio molecolare, in particolare, nell’ambito dell’immunoterapia, dell’inibizione di pathways correlati al VEGF, degli inibitori dell’enzima PARP, dei coniugati farmaco-anticorpo per il recettore alfa del folato. Alcuni di questi studi hanno dimostrato comprovata efficacia di alcune di queste combinazioni e saranno disponibili a breve nella pratica clinica.

Counselling e test genetico nelle donne con carcinoma ovarico

Il 10% circa delle donne con carcinoma dell’ovaio presenta una mutazione genetica a carico dei geni BRCA1 e BRCA2. Alterazioni a livello di questi due geni predispongono all’insorgenza di tumori al seno e alle ovaie. La presenza della mutazione genetica non dà la certezza di ammalarsi, ma conferisce maggior probabilità di sviluppare un certo tipo di neoplasia nel corso della vita. Oggi a tutte le donne con diagnosi di tumore dell’ovaio epiteliale (ad esclusione dell’istologia mucinoso e borderline) viene offerta la possibilità di sottoporsi al test genetico per la ricerca delle mutazioni BRCA indipendentemente dalla familiarità. La presenza di mutazioni patogenetiche BRCA conferisce inoltre una maggiore sensibilità a farmaci di ultima generazione (chiamati PARP inibitori) che oggi costituiscono una nuova opportunità terapeutica per le donne con tumore dell’ovaio. La ricerca delle mutazioni BRCA consente anche di proporre programmi di sorveglianza mammaria e di strategia di riduzione del rischio di neoplasia mammaria e ovarica anche nei familiari. 

Ci sono due tappe essenziali per l’individuazione della presenza di una mutazione genetica: la Consulenza Genetica ed il Test Genetico. 

La Consulenza Genetica è un colloquio medico durante il quale viene raccolta la documentazione medica e vengono fornite le informazioni sulla malattia (eventuale trasmissione ereditaria, disponibilità del test genetico, interventi medici disponibili) e sulla storia familiare, dato che solo una piccola parte delle neoplasie della mammella/ovaio è correlabile ad alterazioni genetiche. Al momento della consulenza genetica viene quindi ricostruito l’albero genealogico della famiglia. 

La consulenza genetica consente di identificare i soggetti a rischio ai quali proporre il Test Genetico, che verrà eseguito dopo l’acquisizione del consenso informato scritto. Nel caso delle donne affette da tumore ovarico, il test genetico viene proposto a tutte al momento della diagnosi. Il Test Genetico può essere effettuato con un prelievo di sangue che viene eseguito su una persona della famiglia affetta da neoplasia e su cui viene eseguita l’analisi del DNA del gene che si vuole studiare, al fine di identificare le eventuali alterazioni responsabili dell’insorgenza della neoplasia in questione. Il test genetico è un’indagine complessa, per questo motivo i risultati sono disponibili nell’arco di alcuni mesi. Tuttavia, se vi è necessità di ottenere la risposta in tempi più rapidi, possono essere avviate le procedure per la refertazione in urgenza ed il risultato sarà pronto in poche settimane.  

Il risultato del test, una volta disponibile, verrà discusso con il medico in corso di una consulenza genetica post-test. In caso di positività del test, verranno spiegate le eventuali strategie di prevenzione e di riduzione del rischio e valutata la possibilità di estendere il test anche ai familiari sani.  

Come detto sopra, alle donne con diagnosi di tumore ovarico il test genetico viene sempre proposto. Esso infatti garantisce la possibilità di aver accesso a nuove opportunità terapeutiche, usufruendo quindi del beneficio di farmaci di ultima generazione. 

Fonti

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